Cimitero monumentale di Staglieno

Cimitero monumentale di Staglieno

Situato nella Val Bisagno, per la vastità dei suoi imponenti monumenti funebri è considerato un vero e proprio museo a cielo aperto. Le numerose statue funerarie e cappelle, opere prevalentemente di scultori genovesi, sia pure costruite in stili differenti, restituiscono all'insieme del complesso un importante valore sotto l'aspetto dell'architettura e scultura funebre.

La progettazione del cimitero genovese risale al 1835 ancora sulla scia dal clima creato dall'editto del governo napoleonico firmato a Saint-Cloud ed entrato in vigore il 2 giugno 1804, con il quale si vietavano le sepolture nelle chiese e nei centri abitati.

Il progetto originario dell'architetto Carlo Barabino venne approvato dal Comune di Genova. Barabino tuttavia morì nello stesso anno a causa dell'epidemia di colera che aveva colpito la città e il progetto passò al suo collaboratore e allievo Giovanni Battista Resasco (il piazzale dell'ingresso secondario del camposanto porta il suo nome).

L'area di Staglieno su cui sorgeva la villa Vaccarezza parve la più indicata per la costruzione di un cimitero poiché poco abitata e, allo stesso tempo, vicina al centro della città. I lavori iniziarono nel 1844 e la struttura venne aperta al pubblico il 2 gennaio 1851 (nel primo giorno furono sepolte quattro persone).

Dopo vari ampliamenti portati avanti nel tempo, oggi comprende un'area di circa 330.000 metri quadrati ed include anche un cimitero inglese (dove si trova la tomba della moglie di Oscar Wilde, Mary Constance Lloyd), uno protestante ed uno ebraico.

Al centro del luogo di sepoltura, dove un tempo vi era semplicemente un grande prato, si erge ora la statua della Fede, alta nove metri, opera dello scultore Santo Varni. Prospiciente la statua della Fede, al culmine di un'imponente scalinata, si staglia il Pantheon (copia del Pantheon di Roma) con il suo bellissimo pronao di colonne in stile dorico, fiancheggiato da due statue marmoree rappresentanti i profeti biblici Giobbe e Geremia.

Lungo la collina che lo sovrasta si possono incontrare, lungo il cammino, cappelle monumentali in stile gotico, bizantino, neo-egizio, Liberty, mesopotamico e neoclassico. Il cimitero ospita le tombe di personaggi famosi come Giuseppe Mazzini, Gilberto Govi, Nino Bixio, Fabrizio De André, Stefano Canzio, Ferruccio Parri.

Il camposanto di Staglieno, evidentemente, non può non essere motivo di orgoglio cittadino. E' stato ed è, per la sua bellezza, meta di artisti e letterati giunti da ogni dove: Ernest Hemingway lo definì una delle meraviglie del mondo.

Ma una puntuale descrizione della struttura e dell'imponenza del complesso architettonico è resa anche negli scritti di Mark Twain riportati nel ibro The Innocents Abroad ("Innocenti all'estero", del 1867):

«E' un ampio corridoio di marmo fiancheggiato da colonne che si stende intorno ad un grande quadrato di terreno libero; il suo spazioso pavimento è di marmo e su ogni lastra c'è un'iscrizione, giacché ogni lastra ricopre una salma.
Da una parte e dall'altra, avanzando nel mezzo del passaggio, vi sono monumenti, tombe, figure scolpite squisitamente lavorate, tutte grazia e bellezza. Sono nuove, nivee; ogni lineamento è perfetto, ogni tratto esente da mutilazioni, imperfezioni o difetti; perciò, per noi, queste lunghissime file di incantevoli forme sono cento volte più belle della statuaria danneggiata e sudicia salvata dal naufragio dell'arte antica ed esposta nelle gallerie di Parigi per l'adorazione del mondo.»

Il principale cimitero genovese ha subito nel tempo una comprensibile decadenza anche se mantiene inalterato il suo fascino. Certo, le tombe e le sculture che agli occhi di Twain apparivano nuove e nivee, oggi sono rese grigie dalla polvere e dallo smog. Ma, anche se lasciate in totale abbandono, restano ugualmente piene di grazia e perfette nella struttura, rimanendo di sicuro uno fra i più begli esempi dell'arte funeraria con cui la borghesia genovese dell'Ottocento ostentava la propria opulenza.

Fra gli scultori che hanno dato vita alle opere del cimitero di Staglieno vi sono, fra gli altri, Santo Varni (autore della bella statua dedicata alla Fede della Religione, alta nove metri e posta al centro del luogo di sepoltura, statua eseguita non per una tomba in particolare ma come emblematica presentazione del grandioso cimitero allo spettatore che vi accede) e Lorenzo Orengo (che scolpì la tomba dedicata a Caterina Campodonico, la famosa venditrice di noccioline).

Sono poi da segnalare Augusto Rivalta (autore della tomba Piaggio), Eugenio Baroni (autore di numerose tombe di famiglia), Luigi Rovelli (che costruì la Cappella Raggio, nota anche come Duomo di Milano per la somiglianza con la cattedrale meneghina), Michele Sansebastiano (cui si devono il cippo Tagliaferro, il cippo Romanengo-Bussa e la Tomba Barbieri), Edoardo Alfieri e Norberto Montecucco.

Una menzione particolare merita, infine, l'Angelo di Monteverde, opera dello scultore Giulio Monteverde che orna sontuosamente con una figura d'angelo d'inusitato fascino la tomba Oneto al Porticato superiore di ponente.

L'immagine pop del cimitero monumentale

La notorietà del luogo di sepoltura travalica i confini strettamente locali. Ne è testimonianza, ad esempio, il fatto che il gruppo musicale new wave inglese Joy Division (1977-1980) abbia scelto, per le copertine di due loro dischi, foto di tombe scattate all'interno del cimitero di Staglieno dal fotografo francese Bernard Pierre Wolff. La prima rappresenta il particolare di una tomba dallo stile vagamente egizio nel basamento ed è stata usata per la copertina del 45 giri Love Will Tear Us Apart; la seconda è stata utilizzata per la copertina del long playing pubblicato postumo nel 1980 (ovvero dopo il suicidio di Ian Curtis), Closer, per la quale è stata usata una foto della tomba della famiglia Appiani che si trova nel porticato sud.

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