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Letteratura ligure

Il primo testo legato alla letteratura ligure conosciuto risale al 1190 ed è il contrasto bilingue di un trovatore provenzale, Raimbaut de Vaqueiras, nel quale una dama genovese risponde per le rime a un corteggiatore occitano. Questo esperimento letterario isolato, tra i primi a prevedere l'uso di un volgare di area italiana, spicca tra i documenti di carattere notarile anticipando solo dal punto di vista linguistico i successivi frammenti epico-lirici e la complessa opera poetica dell'Anonimo Genovese, contenuta nel Codice Molfino, che tra la fine del Duecento e i primi del Trecento sviluppa nelle sue Rime temi di carattere religioso e morale, ma soprattutto l'esaltazione patriottica delle vittorie navali sui veneziani. L'iniziatore di un filone di poesia civile che continuerà nei secoli successivi accanto alla produzione lirica, orientata in un primo tempo su contenuti religiosi.

Il Trecento tuttavia vede soprattutto una notevole fioritura di testi in prosa sia anonimi sia di autori come Gerolamo da Bavari o Antonio de Regibus, opere originali o tradotte dal latino, dal francese, dal toscano e dal catalano con le quali Genova si propone quale centro di ricezione e di trasmissione per un tipo di letteratura moraleggiante, a carattere narrativo, cronachistico e dottrinale, che tocca i suoi vertici nella Passion de lo Segnor Gexù Christe e in alcune raccolte di vite di santi e leggende mariane come i Miràcori de la biâ Verzem. Questo filone continua nel Quattrocento arricchendosi di contenuti escatologici nella Istòria de lo complimento de lo mondo e avegnimento de Antechriste, ma intanto l'uso del genovese come lingua cancelleresca implica la trascrizione di orazioni politiche e altre prose civili. La poesia in volgare stigmatizza in quell'epoca le discordie intestine, ma celebra anche, con Andreolo Giustiniani, le più recenti vittorie d'oltremare.

Nel corso del Cinquecento la lirica religiosa cede progressivamente il passo a quella di carattere amoroso, condotta tra gli altri da Paolo Foglietta e Barnaba Cigala Casero sui registri sostenuti del petrarchismo. Con Foglietta in particolare riprende vigore la poesia civilmente impegnata che riflette il complesso dibattito istituzionale interno della Repubblica: nasce in quell'epoca anche un teatro plurilingue, destinato a grande fortuna nel secolo successivo grazie all'opera di Anton Giulio Brignole Sale, in cui i personaggi che si esprimono in genovese rappresentano dietro metafora le problematiche politiche che si agitano in quel periodo. Gian Giacomo Cavalli è l'autore più rappresentativo del concettismo barocco della prima metà del Seicento e il poeta che più di ogni altro sviluppa, con la sua lirica amorosa e i poemetti encomiastici e patriottici raccolti nella Çìttara zeneize, del 1636, una lingua letteraria nettamente distinta dalla parlata popolare fatta propria tra gli altri, nello stesso periodo, da Giuliano Rossi.

Dopo la crisi di metà Seicento l'espressione in genovese riprende vigore su temi politico-patriottici, prima con le opere di Carlo Andrea Castagnola e Gio. Agostino Pollinari che celebrano la resistenza genovese al bombardamento francese del 1684, poi con la fioritura intorno al 1745-1748 di un'ampia produzione epica dedicata alla guerra di liberazione dall'occupazione austro-piemontese e alle ultime vittorie sui corsari barbareschi: a opere anonime come la Libeaçion de Zena e il Trionfo dro pòpolo zeneize si associa in particolare la multiforme attività poetica e teatrale di Stefano de Franchi, autore aristocratico che apre tuttavia al gusto popolaresco nelle sue traduzioni da Molière in Comedie transportæ da ro françeize in lengua zeneize e nelle poesie originali di contenuto lirico e patriottico. Questa vena sarà continuata con accenti diversi durante la breve stagione della poesia rivoluzionaria legata all'instaurazione del regime filofrancese nel 1797.

L'Ottocento si apre all'insegna dello scoramento per l'annessione forzata alla monarchia sabauda, che genera da un lato il disimpegno, risolto in chiave introspettiva e moraleggiante, di Martin Piaggio in Esòpo zenéize, dall'altro la reazione patriottica e liberal-repubblicana di autori come Giovanni Casaccia, Giovanni Battista Vigo e soprattutto Luigi Michele Pedevilla, che col poema epico A Colombìade si inserisce a pieno titolo nel clima delle rinascenze culturali delle lingue minoritarie europee. Riprende vigore nell'Ottocento anche la produzione in prosa: sia la narrativa, per lo più legata alle appendici di giornali in genovese come O Balilla e O Staffî, dove compaiono le opere di Edoardo M. Chiozza e il romanzo anonimo di ambientazione americana Ginn-a de Sanpedænn-a; sia il teatro, che vede in Nicolò Bacigalupo il primo autore in genovese di gusto schiettamente dialettale.

Ai primi del Novecento, mentre nasce o cresce la scrittura in alcune varietà dialettali periferiche (spezzino, ventimigliese, alassino, monegasco), Angelico Federico Gazzo con la traduzione integrale della Divina Commedia si inserisce, rinnovandolo, al seguito del filone regionalista ottocentesco; dopo gli aggiornamenti tentati da Carlo Malinverni, il clima poetico del Novecento è dominato però dalla figura di Edoardo Firpo, autore attento al recupero della tradizione classica ma aperto al decadentismo e al rinnovato gusto della poesia dialettale italiana contemporanea. Nello stesso periodo si distingue anche il poeta savonese Giuseppe Cava. Degno di nota è anche Francesco Augusto Masnata autore della prima commedia storica in genovese, intitolata, Che l'inse? narrante le vicende del 1749.

Dopo il 1945 la poesia in genovese e nelle varietà liguri cresce per qualità e quantità con autori come l'imperiese Cesare Vivaldi, i ventimigliesi Renzo Villa e Andrea Capano, il lericino Paolo Bertolani, e soprattutto i genovesi, da Alfredo Gismondi e Aldo Acquarone, a Plinio Guidoni, Roberto Giannoni, Luigi Anselmi, Vito Elio Petrucci, Silvio Opisso, Giuliano Balestreri, Sergio Sileri, Sandro Patrone, Angelo de Ferrari, Daniele Caviglia, Alessandro Guasoni, Enrica Arvigo, Anselmo Roveda e numerosi altri, non sempre meritevoli di menzione per l'eccellenza artistica, ma comunque rappresentativi dell'interesse che circonda nella fase attuale l'uso letterario del genovese. Una certa sclerosi riguarda negli ultimi tempi il teatro, legato ai modelli farseschi imposti dall'attore Gilberto Govi, mentre la canzone d'autore, dopo le punte di eccellenza inaugurate da Fabrizio De André, si è solidamente avviata verso i modelli propri della canzone d'autore, aprendosi al contempo a sonorità internazionali e vicine ai gusti giovanili.

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