Chiese e Santuari di Genova

Chiese e Santuari di Genova

Scopri le meraviglie artistiche e la storia delle chiese e dei santuari della città di Genova.

Basilica della Santissima Annunziata del Vastato

La basilica della Santissima Annunziata del Vastato è una delle chiese più rappresentative dell'arte genovese del tardo manierismo e, soprattutto, del barocco di primo Seicento.

Chiesa di Sant'Antonio in Boccadasse

Costruita come cappella agli inizi del XVII secolo dai pescatori e dagli abitanti della zona, dopo pochi decenni nel 1745 divenne sede della Confraternita di Sant'Antonio di Padova e nel 1787, dopo un ampliamento, venne considerata ufficialmente una chiesa.

Nel 1827, grazie alle donazione degli abitanti e del capitano Francesco Dodero, venne costruito anche un campanile.

Nei decenni successivi la chiesa venne sottoposta ulteriori ampliamenti e restauri: nel 1880 venne restaurata, nel 1906 venne ampliata considerevolmente, nel 1937 venne rifatto il tetto e la volta fu dipinta dal pittore Romolo Pergola, nel 1964 venne nuovamente ampliata con lavori che durarono più di un decennio.

La chiesa divenne parrocchia il 25 marzo 1894 (giorno di Pasqua di quell'anno) per volere dell'arcivescovo Tommaso Reggio.

Tra le opere conservate, oltre a dipinti d'autore, vi sono sculture di Francesco Storace e Antonio Canepa, nonché un crocifisso processionale di Luigi Gichero.

Chiesa di San Bartolomeo della Certosa

San Bartolomeo della Certosa è una chiesa situata presso Rivarolo, in Val Polcevera, e dà il nome ad un quartiere della città di Genova, un tempo parte dell'antico comune di Rivarolo ligure.

La Certosa di Rivarolo è un complesso costituito da più ambienti: chiesa, battistero, cappella delle donne, chiostro piccolo, chiostro grande. La chiesa, affiancata dalla superstite cappella di San Bartolomeo a destra, si trova con la facciata attaccata all'antistante secondo chiostro ed il coro contiguo al retrostante secondo chiostro. Il battistero è contiguo alla chiesa, sul lato sinistro. confinante e con la facciata e con il secondo chiostro.

Chiesa della Consolazione

La chiesa della Consolazione, o, più esattamente, chiesa di Nostra Signora della Consolazione e San Vincenzo martire (conosciuta però anche con il nome di Chiesa di Santa Rita), è uno dei principali luoghi di culto cattolico di Genova. è situata nella centrale via XX Settembre e fa parte del vicariato di Carignano-Foce (Centro).

Di una chiesa intitolata a Nostra Signora della Consolazione si hanno notizie, a Genova, a partire dal Quattrocento. Tale chiesa, legata al nome del beato Battista Poggi, era la sede conventuale dei padri agostiniani. La collocazione iniziale era all'esterno della città, in Artoria. Si trovava cioè subito fuori dal recinto delle mura Nuove, il cui tracciato del 1632 venne a passare proprio sopra di essa. La località era detta dello Zerbino (sotto il tratto delle mura dello Zerbino, Zerbino indica "Zerbo", in dialetto muschio relativo, nel caso alla zona antistante le mura, per questa vicinanza priva di vegetazione alta e costruzioni). Era pertanto all'esterno dei quartieri storici della città, sia del vicino sestiere esterno di San Vincenzo che di quello successivo inscritto nelle Vecchie Mura interne di Portoria.

La necessità di migliorare le difese cittadine, anche in conseguenza del recente bombardamento del Re Sole del 1684, obbligò a ripulire ulteriormente anche l'area sotto le mura dello Zerbino. Pertanto si dovette demolire la vecchia chiesa di Artoria. Gli Agostiniani dovettero pertanto lasciare il loro convento, in conseguenza di queste ulteriori fortificazioni della zona. I padri agostiniani ottennero nella circostanza dalla Repubblica di Genova l'autorizzazione a edificarne uno nuovo sull'area dove ancor oggi sorge l'attuale chiesa.

L'edificazione della chiesa in stile neoclassico come la si vede oggi risale al 1706, mentre la sua trasformazione in parrocchia è datata 1813.

Inizialmente gli Agostiniani vennero ospitati in un palazzo nobiliare vicino alla attuale chiesa palazzzo attualmente inglobato nelle sue pertinenze. Accanto a questa prima allocazione iniziarono a costuire la nuova chiesa, che doveva essere incredibilmente grande. Fu iniziato ma non terminato un immenso chiostro Settecentesco, che, rimasto incompiuto ancora verso la fine del XIX secolo, venne infine destinato a sede del Mercato Orientale di via XX Settembre, quale rimane tuttora. Di questo fanno parte, dell'iniziale chiostro, i colonnati ai lati posti verso la chiesa e verso la via XX Settembre nonché il portale chiuso sulla piazzetta di accesso al mercato in via Galata, mentre gli altri due lati sono stati completati quando venne realizzato il mercato Orientale.

L'edificio fu ufficialmente consacrato nel 1875. In questo lasso di tempo venne adibito a caserma del Genio militare.

La chiesa Agostiniana acquisì anche la vicina parrocchia di San Vincenzo, chiesa che aveva dato il nome all'omonimo sestiere e che, per le esigue dimensioni non poteva più svolgere il ruolo parrocchiale. Dopo il 1875 vennero realizzati nuovi cicli di affreschi all'interno della chiesa.

Chiesa di San Donato

La chiesa fu edificata all'inizio del XII secolo e ampliata un secolo più tardi. Rappresenta l'esempio più rilevante di romanico genovese: in particolare per il campanile (che sarebbe più opportuno definire "torre nolare", tipica dello stile arcaico) ottagonale, decorato con fregi a dente di sega e un doppio ordine di bifore e trifore, di cui il terzo ordine fu aggiunto solamente durante i restauri di Alfredo D'Andrade della fine dell'Ottocento.

La facciata non rispecchia quella originaria, poiché fu alterata dai due restauri integrativi del 1888, effettuato da Alfredo D'Andrade al termine dei quali avvenne una seconda consacrazione (4 dicembre 1892), e del 1925, che aggiunsero il rosone e il protiro ed eliminarono gli intonaci successivi al XVI secolo; originali sono invece il portale strombato e l'architrave romano.

La chiesa, in pietra calcarea, è all'interno divisa in tre navate in cui la tipologia delle colonne indica le varie fasi costruttive: romane di reimpiego quelle della prima edificazione; collocate durante l'ampliamento del tardo 1100 quelle a rocchi, sormontate da capitelli, coeve alle bifore del falso matroneo. La moderna copertura a capriate della navata centrale ha sostituito quella distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Ulteriori restauri, durati dal 1946 al 1951, resi indispensabili dopo il conflitto bellico, ne hanno mantenuto inalterato l'originario stile romanico.

Notevoli le opere conservate all'interno, tra cui vanno segnalate: una Madonna del XIV secolo di Nicolò da Voltri; San Giuseppe, pala d'altare di Domenico Piola; Il battesimo di Cristo, rilievo marmoreo con statue opera iniziato da Ignazio Peschiera e completato dal suo allievo Carlo Rubatto; e, soprattutto, lo splendido trittico di Joos van Cleve (1515) raffigurante L'adorazione dei Magi (al centro), Il committente Stefano Raggi col santo protettore (sportello di sinistra), la Maddalena (sportello di destra) e il Crocifisso tra Maria e San Giovanni (in alto).

Le opere del Piola e del van Cleve sono conservate nella cappella laterale della navata di sinistra.

Chiesa di San Filippo Neri

La chiesa di San Filippo è uno dei capolavori del barocco genovese, insieme all'adiacente oratorio di San Filippo, voluti dal concittadino padre filippino Camillo Pallavicini. La costruzione della chiesa e dell'oratorio ebbe inizio nella seconda metà del XVII secolo, i lavori per la costruzione della chiesa iniziarono nel 1674, per essere completato alla metà del XVIII secolo. Gli interni sono decorati ad affresco, in un tardo-barocco genovese il cui linguaggio si esprime oltre che con l'affresco con gli intagli lignei e marmorei, un trionfo di stucchi dorati e dipinti.

Tra le opere presenti ricordiamo che la prospettiva e gli ornati sono opera di Antonio Maria Haffner. L'affresco della volta che raffigura La Gloria di San Filippo Neri è stato eseguito da Marcantonio Franceschini insieme ai dipinti a tempera posti sotto il cornicione rappresentanti i Miracoli e fatti della vita del santo del 1714.

Nelle cappelle sono da segnalare alcune opere: nella prima cappella di destra le statue della Mansuetudine e dell'Amor Divino di Domenico Parodi; nella pareti laterali le sculture di Giacomo Boni ed Enrico Vaymer raffiguranti la Vita di San Francesco di Sales. Nella seconda cappella gli affreschi sono del Boni mentre l'opera Riposo della Sacra Famiglia è attribuita alla mano del Franceschini. Nel presbiterio vi sono le statue del santo con angeli degli scultori Domenico Guidi ed Honoré Pelle; le statue del frontone sono attribuite a Giacomo Antonio Ponsonelli mentre gli affreschi, del 1712, alla mano di Stefano Maria Legnani.

Nella seconda cappella di sinistra è presente il dipinto di Domenico Piola raffigurante Gesù con la croce appare a Santa Caterina con ai lati episodi di vita della santa ad opera del Boni. Nella prima cappella le statue degli Angeli sono opera di Daniele Solari mentre Pio V venera le spoglie di San Francesco è del Piola. Il gruppo ligneo della Pietà è opera di Anton Maria Maragliano.

Nell'oratorio di San Filippo pregevole è la statua dell'Immacolata realizzata da Pierre Puget. Interessanti anche gli affreschi eseguiti da Giacomo Boni e la tela raffigurante San Filippo in estasi di Simon Dubois.

Chiesa del Gesù e dei Santi Ambrogio e Andrea

Il nucleo della primitiva chiesa di Sant'Ambrogio risale alla fuga del clero milanese a seguito delle persecuzioni longobarde, il vescovo di Milano.

Il vescovo Onorato nel 588 si trasferì a Genova (diocesi sottomessa) stabilendosi nel quartiere dei pollaioli vicino alla cattedrale di San Lorenzo.

La cattività genovese durò fino alla metà del VII secolo quando Giovanni Bono riportò la sua cattedra nella città meneghina. La presenza dei milanesi in città necessitò di una chiesa che fu costruita nel loro quartiere e intitolata a sant'Ambrogio.

L'edificio passò poi nelle mani dei Gesuiti, giunti a Genova nel 1552, che la ristrutturarono fino alla forma attuale che risale al 1589 su probabile progetto di Giuseppe Valeriano e arricchendola di pregevoli capolavori.

La facciata venne completata rifatta nella seconda metà del XIX secolo, dopo la demolizione della cortina di Palazzo Ducale (dalla quale un archivolto metteva in comunicazione diretta il palazzo del doge con la chiesa del Gesù, passaggio che realizzato nel XVI secolo entrava direttamente nella facciata non non finita), prendendo per essa a modello i disegni di Pieter Paul Rubens. Completata nel 1894, in essa vennero inserite le due statue di Michele Ramognino, di sant'Ambrogio e sant'Andrea.

Chiesa di San Giorgio

Il culto di San Giorgio in Genova sarebbe stato importato in epoca bizantina. Da allora mantenne un legame con l'esercito: il santo, già protettore della milizia bizantina e venerato dai militari, è nel Vexillum tenuto in San Giorgio, lo stendardo militare della Repubblica di Genova che era posto accanto allo scettro dei comandanti dell'armata.

L'attuale piazza San Giorgio su cui sorge la chiesa si suppone fosse il Forum romano della città. Si mantenne infatti sino a tutto l'Alto Medioevo l'uso di convocare qui il popolo; inoltre da qui si calcolano le distanze in miglia romane sulle vie Aurelia e Postumia (da cui i nomi Quarto - IV milium -, Sestri - VI milium -, Pontedecimo, Pons ad X milium). La connessione tra San Giorgio ed Exercitus bizantino fa ipotizzare una chiesa o cappella a lui dedicata in questo punto; a Genova infatti i Bizantini tenevano un forte presidio, diretto nel 544 da Bono, nipote del Generale Giovanni. Sarebbe sorta allora la prima cappella di S. Giorgio, nel Foro accanto al presidio militare.

Da destra:
Prima cappella di S. Caterina da Genova: ancona attribuita a Domenico Guidobono con "Cristo paziente e Santa Caterina da Genova". Sacello è ornato a spese delle sorelle Iccardo nel 1883, come da iscrizione.
Seconda cappella, di N.S. della Misericordia, intitolata alla Madonna del miracolo savonese del 18 marzo 1536 (Santuario di Savona, poco distante da Savona). Statua della Madonna donata dal Celesia e statua, di fattura mediocre, del Beato Antonio Botta, il contadino loale protagonista dell'Apparizione savonese.
Terza cappella, di S. Gaetano di Thiene: ancona col titolare che riceve il Bambino dalla Madonna, di Domenico Piola. La donazione che permette di realizzarla fu di Pittaluga, del 1751, come da iscrizione in loco.
Sancta Sanctorum, trasformato nel 1851: "Decapitazione di San Giorgio" di Luca Cambiaso, dalle poche e languide tinte, ma dal chiaroscuro vigoroso, alla stessa maniera della "Pietà" di Luca Cambiaso nella Basilica di S.M. Assunta di Carignano, peri quali caratteri Luigi Lanzi le colloca nell'ultimo periodo dell'artista; mediocri affreschi di metà Ottocento sopra l'altare (Lo Spirito Santo che si libra sul Caos, il Pellicano simbolo di Cristo Redentore, l'Aquila simbolo dell'Innocenza).
Di Luca Cambiaso: "San Giorgio nel calderone", e il "Martirio di San Giorgio alla ruota dentata".

Questi quadri di Cambiaso vengono restaurati tra il settembre 1851 e l'ottobre 1852 da Filippo Bernacca. Fuori dal Sancta Sanctorum sono, sul pavimento, tre lapidi. Quella a sinistra, oggi ancora scarsamente leggibile, risalente al 1677; per le altre, illeggibili, i relativi testi si ritrovano nel Piaggio. Le altre due si sa allora che sono del 1635 e del 1681. A sinistra del Sancta Sanctorum:
Quarta cappella, della Madonna Addolorata: Gesù deposto in grembo alla Madonna, di Claudio Cohelo, pittore spagnolo; "Sacro Cuore di Gesù" di Santo Panario.
Quinta cappella di S. Raffaele Arcangelo: prima del 1811 era dedicata a S. Carlo Borromeo ed era cappella della confraternita che nel 17 dicembre 1612 veniva aggreggata alla Confraternita dei SS. Ambrogio e Carlo Borromeo e nel 1613 otteneva dal Cardinale Federigo Borromeo vescovo di Milano due particelle della pianeta di San Carlo Borromeo.

Nel 1811 era soppresso l'oratorio di San Raffaele in vico dell'Acquavite (oggi vico De Negri a Banchi); il quadro del Santo dello scomparso oratorio era donato a San Giorgio. Nel 1819 si istituiva la congregazione di San Raffaele, approvata dall'arcivescovo Placido Maria Tadini, e poi con indulgenze del 1839 di Gregorio XVI a metà dell'Ottocento si restaurava la cappella e il fronte dell'altare era decorato con fregi e figure in plastica da Gaetano Centanaro. Il quadro dell'arcangelo, di Gerolamo Costa è collocato in una raggera di legno dorato. Un affresco nella lunetta è di Giuseppe Passano.


Ultima cappella a sinistra del Beato Angelo Marinoni, uno dei primi seguaci di Gaetano da Thiene, culto riconosciuto da Innocenzo XIII l'11 novembre 1762. Sopra le finestre e nei peducci della cupola sono i Quattro Evangelisti di Giuseppe Isola.

Commenda di San Giovanni di Pré

L'attuale complesso venne fabbricato a partire dal 1180 su un'area dove anticamente sorgeva la chiesa del Santo Sepolcro, quest'ultima eretta secondo alcune fonti nel 636, con relativo ospizio per i pellegrini. La fondazione del complesso fu voluta da frate Guglielmo, un appartenente ai Cavalieri Gerosolimitani, organismo che dette vita all'Ordine dei Cavalieri di Malta a partire dal 1420.

Consta di due chiese in stile romanico, sovrapposte l'una all'altra, che costituiscono il grosso del corpo architettonico e di un edificio a tre piani, La Commenda, ovverosia il convento e l'ospedale (locali al piano terra). Assieme dovevano assolvere alla duplice funzione di stazione marittima sulle rotte della Terrasanta (da Genova salpava infatti in quegli anni la terza crociata al comando del re di Francia) e di ospedale (ospitaletto) per i pellegrini.

Il complesso è conservato pressoché integro nel suo splendido aspetto romanico, con la severità dei muri in pietra nera di Promontorio, il calore dei mattoni, l'eleganza delle colonne in marmo e dei soffitti in legno dipinti con motivi geometrici e floreali.

Una lapide ricorda il soggiorno del papa Urbano V, nel 1367, durante il suo viaggio di rientro da Avignone.

Subì una prima ristrutturazione nel 1508, per iniziativa del commendatore Brasco Salvago, nella parte conventuale e una seconda, nel 1731, nella chiesa superiore quando fu addirittura invertito il senso della chiesa stessa. Nuovi interventi conservativi furono avviati dalla Soprintendenza ai Beni architettonici e ambientali negli anni Sessanta del XX secolo dove si riportò la struttura alle antiche origini stilistiche romaniche conservandone gli affreschi interni.

Un nuovo restauro complessivo si attuò nel 1992, in occasione del cinquecentesimo anniversario della scoperta dell'America, adibendo le sale per spazi espositivi e quindi sede di mostre di carattere storico.

Basilica di Santa Maria Assunta

La basilica di Santa Maria Assunta, svettante sulla ripida collina di Carignano, è uno dei maggiori esempi di architettura rinascimentale di Genova.

Fu progettata nel 1522 dall'architetto perugino Galeazzo Alessi per volontà, e relativa disposizione testamentaria, di un patrizio genovese, Bandinello Sauli. I lavori per la sua realizzazione si protrassero per circa due secoli e furono completati da maestranze locali, con una revisione totale della facciata compiuta nel XIX secolo dall'architetto Carlo Barabino.

è adibita ad abbazia-collegiata nonché sede parrocchiale.

Strutturata su una pianta a croce greca basata su identici prospetti per i quattro lati, con cinque cupole e con due campanili a base quadrata ai lati dell'ampia fronte principale coronata da un timpano, la cupola centrale a cassettoni è impostata su un alto tamburo a serliane (l'insieme si rifà al progetto di Bramante per la Basilica di San Pietro a Roma), la chiesa presenta un interno molto luminoso ed arricchito da fasti barocchi, con sfavillio di ori, marmi, affreschi, stucchi e tele.

Ospita diverse sculture di pregio di Pierre Puget (un San Sebastiano ed un Beato Alessandro Sauli) e diversi dipinti di Giulio Cesare Procaccini, di Guercino e del pittore marchigiano Carlo Maratta.

Pregevole è il grandioso organo, di cui rimane solo la facciata monumentale della cassa, opera realizzata tra il 1656 ed il 1660 dal gesuita olandese Herman Willem.

Il testamento con lascito di Bandinello Sauli porta la data del 17 ottobre 1481 (vale a dire poco prima della sua morte); soltanto quasi settant'anni dopo, il 7 settembre 1549, l'architetto Alessi firmò il contratto con la famiglia Sauli per la progettazione dell'edificio. La posa della prima pietra avvenne, presente il vicario generale dell'Arcivescovado monsignor Egidio Falcetta, il 15 marzo 1552.

La "fabbrica" rimase aperta per più di cinquant'anni: la cupola fu terminata solo nel 1603 quando l'erezione in collegiata ed abbazia era già avvenuta con atto di Papa Gregorio XIII del 13 giugno 1583. Dovranno passare ancora quasi novant'anni perché un altro pontefice, Papa Alessandro VIII conceda all'abate il privilegio di celebrare pontificali.

Soltanto in tempi più recenti, anno 1939, un decreto vescovile ha trasformato la chiesa di Carignano in parrocchia territoriale; del 14 agosto 1951 è invece la consacrazione a basilica da parte del cardinale Giuseppe Siri.

Il secolare prolungamento dei lavori per la edificazione della basilica, molto amata dai genovesi, non poteva sottrarsi all'arguzia popolare tanto da diventare addirittura oggetto di un motto: infatti tuttora, nel capoluogo ligure, si usa ricordare che una cosa destinata a protrarsi all'infinito "A l'è comme a "fabbrica" de Caìgnan" (è alla stregua della "fabbrica" di Carignano).

Chiesa di San Luca

Fondata nel 1188 da Oberto Spinola, la chiesa fu eretta in collegiata da papa Innocenzo VIII nel 1485; papa Sisto V nel 1589 la confermò come parrocchia gentilizia delle famiglie Spinola e Grimaldi.

Rifatto nelle forme attuali tra il 1626 e il 1650 dall'architetto lombardo Carlo Mutone, il tempio presenta all'interno un pregiato ciclo decorativo. Realizzati negli ultimi anni del Seicento da Domenico Piola insieme al quadraturista Anton Maria Haffner, la serie di affreschi raffigura l'Incoronazione della Vergine nella cupola, le Storie di San Luca nel coro e figure allegoriche di Virtù a monocromo nella contro facciata e nelle cappelle laterali.

La chiesa conserva altre opere importanti: come la statua in marmo con l'Immacolata sull'altare maggiore e il Cristo deposto in legno (dipinto dal Piola), entrambe di Filippo Parodi (fine XVII secolo); o il quattrocentesco reliquiario a tabernacolo collocato nel retro dell'abside, accessibile dal corridoio della sacrestia; ma soprattutto la Natività, capolavoro di Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto (1645).

I restauri degli ultimi anni hanno restituendo a San Luca il posto che merita nella storia dell'arte genovese: in particolare quello della cupola, i cui affreschi sono stati riportati all'antico splendore dalla primavera del 2000 al 2004.

Santuario della Madonna del Monte

Il Santuario della Madonna del Monte di Genova, situato in prossimità dell'antica Villa Imperiale, deve la sua origine a quello che la pietà cattolica ritiene un singolare prodigio avvenuto nell'anno 958.

Nel contesto delle lotte contro i saraceni per il dominio del mare, nel 954-956, Genova subì una incursione saracena e venne ferocemente saccheggiata.

Poco prima dell'invasione una fontana, nella zona del porto, aveva continuato a gettare sangue vermiglio come sangue umano per una giornata intera. I genovesi interpretarono lo strano fenomeno come preannuncio della calamità che Genova avrebbe sofferto.

Gli storici del tempo raccontano che i genovesi, spogliati delle loro cose e privati delle loro donne giovani, cercarono soccorso al Cielo; e questi rispose: una luce straordinaria avvolse le alture orientali della città.

Il segno fu interpretato come annuncio della fine dell'oppressione; del ritorno alla normalità; dell'inizio della grandezza marinara e coloniale di Genova; del ripristino di tutti i privilegi di cui godette la città ab antiquo e per romanos imperatores.

E difatti nel 958 il re Berengario III e suo figlio Adalberto restituivano a Genova i suoi antichi beni e libertà. I genovesi, devoti della Madonna, come Regina del cielo e degli uomini, le consacrarono il monte che avevano veduto illuminato da luci misteriose.

Da allora si ebbe un crescendo di opere e di pellegrinaggi, e si ritiene che ciò prepararò quel clima che fece di Genova la città di Maria Santissima.

Il prodigio della luce si rinnovò negli anni 1440, 1526, 1566 sullo stesso monte.

Dalla prima cappella all'attuale santuario le tappe furono le seguenti:
958: costruzione della prima cappella che rimane immutata fino all'anno 1183.
1183: la prima cappella viene trasformata e ingrandita dai Monaci di Santa Croce di Mortara che l'ebbero in consegna alcuni anni prima. Da questa data non è più chiamata cappella, ma chiesa.
1222: La chiesa della Madonna del Monte, con l'attiguo monastero dei Mortariensi, prende il nome di Priorato.
1230 circa: è indicata come santuario.
1399: viene chiamata basilica.
Secolo XV: la chiesa, ormai quasi in rovina, venne considerata dai Francescani osservanti come luogo di insediamento per la sua posizione nel verde e tuttavia vicina alla città.
1444: i frati, dopo aver ottenuto i diritti sul convento e terreni limitrofi, per intercessione del doge Raffaele Adorno presso il Papa Eugenio IV, iniziarono i restauri che riguardavano la demolizione della chiesa dei Mortariensi, l'ampliamento della chiesa in tre navate e la costruzione del nuovo convento, consegnato ai frati il 25 giugno dello stesso anno.
Seconda metà del XV, secolo XVI: furono realizzati lavori parziali di ristrutturazione per adeguare gli spazi interni della chiesa alle nuove cappelle acquisite dalle famiglie nobili e destinate alla loro sepoltura.
1628: cominciano i lavori di ristrutturazione del presbiterio e del coro.
1630: sono ultimati il coro superiore e la cripta iniziati nel 1601 su disegni dell'architetto Giovanni Battista Grigo, su richiesta del mecenate Giacomo Saluzzo. La statua della Madonna è collocata nella cripta. Successivamente, ad opera di Giovanni Andrea Ansaldo, si procedette alla decorazione della volta della cripta.
1632: venne collocata nel coro la pala con l'Assunta di Domenico Fiasella.
1658: La costruzione dell'attuale tempio baroccheggiante è terminata dopo quattro anni di lavoro. Il progetto è dell'architetto Grigo; mecenate, Giovanni Battista Negrone.
Nel corso del secolo XVII fu pure costruito il campanile.
Nello stesso periodo vennero erette undici cappelle lungo la strada poi chiamata Nuova, riselciata a metà del XVIII secolo a cura di U. Saluzzo e di altri benefattori, con il completamento delle cappelle che divennero quindici, tre delle quali edificate dai frati.
1946: Il Santuario della Madonna del Monte, con Bolla pontificia del 13 maggio, viene eretto in Basilica Minore.

Nel santuario opera oggi la associazione Amici del Monte, che persegue fini di solidarietà sociale attraverso lo sviluppo e il sostegno delle attività dei frati minori francescani.

Santuario della Madonna delle Grazie

Il Santuario della Madonna delle Grazie di Voltri è un santuario dedicato alla Madonna delle Grazie situato all'interno della Villa Brignole Sale Duchessa di Galliera. è annesso ad un convento dei frati cappuccini.

La leggenda fissa la fondazione del santuario al 67 d.C. a seguito della predicazione dei Santi Nazario e Celso, ma si presume che con ogni probabilità la sua costruzione sia del 343 secondo quanto contenuto su una lapide di recente memoria.

La chiesa era in origine l'antica parrocchia di San Nicolò di Voltri, citata dal 1205ma certamente di origini assai più antiche. Aveva al fianco un ospitale per pellegrini di cui si hanno notizie dal 1368.

è probabile che antecedentemente avesse il titolo di Santa Croce, festività che tuttora vi si celebra e che per secoli ha coinciso con un mercato agricolo.

La chiesa venne assegnata nel 1568 alle cure dei Cappuccini, che vi fondarono un convento.

Allontanati i frati in seguito alle leggi emanate dal regno di Sardegna, i religiosi poterono ritornarvi per iniziativa della duchessa di Galliera, che nel 1864 acquistò il complesso e lo restituì agli antichi proprietari. La chiesa venne restaurata in stile neogotico fra il 1866 e il 1881, traendo verosimilmente ispirazione dalle strutture originarie dell'antica parrocchiale che ancora si conservano sotto la decorazione posticcia.

Chiesa di Santa Maria Immacolata

La chiesa di Santa Maria Immacolata di via Assarotti, a Genova, è uno dei maggiori esempi di architettura neorinascimentale sacra presenti nel capoluogo ligure. è stata la prima chiesa ad essere dedicata all'Immacolata Concezione dopo che l'8 dicembre 1854 papa Pio IX ne proclamò il dogma.

Subì notevoli danni a causa di bombardamenti aerei avvenuti durante la seconda guerra mondiale nel novembre del 1942 e nell'agosto del 1943. Il suo pregio principale è dato dalla facciata, decorata di preziosi ornamenti, marmi, sculture e mosaici. L'interno è a croce greca, con tre ampie navate e otto cappelle.

Di particolare rilievo, sotto l'aspetto decorativo, sono un crocefisso ligneo del XVII secolo di Giambattista Gaggini, gli affreschi di Nicolò Barabino raffiguranti la Madonna del Rosario e i santi Domenico e Caterina, quindici finestroni istoriati e stalli lignei per il coro, al pari dei confessionali a cupola intarsiati di metallo e avorio, di epoca novecentesca.

Chiesa di Santa Maria Maddalena

L'antichissima chiesa della Maddalena risale a prima del X secolo: se ne ha conferma indiretta dal Caffaro, a proposito di un incendio del 1140. Nel 1480 il tempio divenne Commenda; dal 1572 al 1575 fu officiato dai religiosi Teatini, che furono sostituiti l'anno successivo dai padri Somaschi.

Un primo programma di lavori d'ampliamento venne varato nel 1577; fu chiesto un progetto all'architetto Giovanni Ponsello, che lo presentò nel 1581, ma per varie ragioni non fu mai realizzato. Successivamente i committenti si rivolsero al Vannone, che diresse personalmente il cantiere, aperto nel 1585; nel settembre del 1587 la chiesa, ad unica navata, era finita. Nel 1589 la costruzione vannoniana fu completata con l'innalzamento davanti alla chiesa di un portico, sorretto da colonne di marmo; nel 1622 venne ultimato anche il collegio dell'Ordine.

Nel 1635 i Somaschi decisero la costruzione di una chiesa totalmente nuova, più ampia e più lunga, articolata in tre navate scandite da colonne binate; i lavori, sospesi nel 1646, ripresero nel 1660 e nel 1661 si poterono considerare finiti.

Basilica di Santa Maria delle Vigne

La basilica di Santa Maria delle Vigne (originariamente: Sancta Maria in Vineis) è una delle più antiche basiliche cattoliche di Genova.

Documenti storici ne attestano la presenza fin dal X secolo anche se è plausibile che sia stata edificata su un edificio sacro ancora più antico risalente al VI secolo.

Sorse sul terreno delle Vigne del Re (da cui il nome), un podere goduto in usufrutto da Idone Visconte almeno fino al 952 e passato in proprietà, secondo Jacopo da Varagine, ripreso da storici successivi, al figlio Oberto Visconte (991 e poi a Guido di Carmandino, che disposero l'edificazione del luogo di culto. Il Registrum Curiae ne fa menzione nell'anno 1083.

Chiesa di Santa Maria di Castello

La collina di Castello o di Sarzano è stata il primo luogo abitato di Genova nell'antichità, l'antica neapolis. In evidenza la torre degli Embriaci e il convento di Santa Maria di Castello. La spianata di Campopisano costituiva nell'epoca il simbolo della vittoria navale della Repubblica di Genova sulla vicina Repubblica marinara di Pisa. Il complesso religioso costituito dalla chiesa e convento di Santa Maria di Castello è uno dei più antichi ed importanti luoghi di culto cristiano di Genova. Sorge sull'area chiamata Castello, l'antico castrum del centro storico che, da piazza Embriaci a piazza Sarzano, costituisce la più antica forma urbana della città. La collina di Castello infatti ebbe i suoi oprimi nuclei abitativi addirittura prima del cristianesimo, pressapoco intorno all'anno 1000 avanti Cristo.

La chiesa sorge accanto alla monumentale torre detta degli Embriaci, che ricorda la figura di Guglielmo Embriaco detto Testadimaglio. Attualmente l'ha in amministrazione l'Ordine religioso Domenicano. Al pari di un vero e proprio museo ricco di tesori artistici, il complesso è costituito dalla chiesa-convento, dall'oratorio e dai chiostri, recentemente restaurati. L'annessa Biblioteca nuova è visitabile su richiesta: contiene codici e incunaboli di notevole interesse, oltre ad un prezioso affresco su San Domenico che ritrova i suoi frati in Paradiso, opera di Carlo Braccesco e risalente a fine Quattrocento.

La chiesa, in stile romanico e databile a prima dell'anno 900, attraverso la concessione delle cappelle alle grandi famiglie della nobiltà genovese ha incrementato enormemente durante i secoli il proprio corredo artistico, specie pittorico e scultoreo. Vi si possono ammirare opere ce vanno dal Quattrocento al Settecento di Francesco Maria Schiaffino, Lorenzo Fasolo, Alessandro Gherardini, Giuseppe Palmieri, Francesco Boccaccino, Pier Francesco Sacchi.

Particolarmente preziosi sono gli affreschi sulle Storie del re Davide e le maioliche dipinte di scuola genovese del Cinquecento. Altre opere presenti sono quelle di Bernardo Castello, Aurelio Lomi e Tommaso Orsolino.

Un gruppo marmoreo dell'Assunzione di Domenico Parodi (fine XVII secolo) decora l'altare maggiore, mentre la cappella a sinistra del presbiterio presenta Santa Rosa da Lima di Domenico Piola e deve il suo Rivestimento marmoreo degli anni 1592-1593 a Taddeo Carlone (in collaborazione con Battista Bagutti di Rovio). Opere di Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto, Francesco Boccaccino e Gregorio De Ferrari decorano le altre cappelle, una delle quali contiene anche una copia del Crocifisso ligneo medievale (ora nella Biblioteca vecchia) con rivestimento originale barocco. La Cappella Odone reca il Rivestimento marmoreo del 1591 e presenta cinque statue di Santi del 1603, opere di Taddeo Carlone. La quarta cappella della navata sinistra presenta una Madonna del Rosario, gruppo ligneo di scuola di Anton Maria Maragliano del XVIII secolo, mentre la prima cappella (dedicata a San Vincenzo Ferrer) presenta un Transito del Santo attribuito a Giovan Battista Paggi del primo Seicento.

Il battistero reca un polittico con Nozze mistiche di Santa Caterina d'Alessandria e Santa Caterina da Siena di maestri lombardi del XV secolo; un sarcofago romano e un tabernacolo per gli oli santi dello stesso periodo.

In sacrestia (alla quale si accede dal transetto destro, attraverso un passaggio con un'acquasantiera di Giovanni Gagini e che fu già cappella Grimaldi) è visibile un San Sebastiano, tela del 1738 di Giuseppe Palmieri. Pregevole il portale maggiore, opera di matrice toscana dovuta a Leonardo Riccomanni e ancora a Gagini (1452); sopra, una lunetta gotica del XIV secolo con la Crocifissione.

Chiesa di San Matteo

La chiesa di San Matteo fu fondata nel 1125 da Martino Doria come chiesa gentilizia della propria famiglia e completamente modificata in forme gotiche nel 1278. Si affaccia sull'omonima piazza, che rappresenta forse l'angolo meglio conservato della Genova medioevale.

L'edificio fu rinnovato a metà del XVI secolo per volere di Andrea Doria da Giovanni Angelo Montorsoli (presbiterio e cupola); e poi nel 1557-1559 su progetto di Giovanni Battista Castello (navate e decorazione, realizzata insieme a Luca Cambiaso).

Della sistemazione gotica si è conservato l'interno a tre navate e, soprattutto, l'intatta facciata a strisce bianche (marmo) e nere (ardesia), tripartita da lesene incorniciate da archetti; il paramento bicromo è arricchito da un grande rosone centrale e da due bifore (prive di colonnina interna) ai lati. Nel prospetto è inserito un sarcofago tardoromano, secondo l'uso locale, attestato anche nella cattedrale di San Lorenzo, con Allegoria dell'autunno, già sepoltura di Lamba Doria, che lo riportò da Curzola (Dalmazia).

Sul fianco sinistro della chiesa si trova il chiostro di San Matteo di forma quadrangolare del 1308, ad archi acuti su colonnine binate; all'interno, la cantoria, l'altare con trofei, i due pulpiti e le urne del presbiterio sono attribuiti a Silvio Cosini e a Giovanni Angelo Montorsoli (autore pure delle statue che ornano le nicchie dell'abside).

Nella volta della navata centrale si trovano il Miracolo del dragone d'Etiopia di Luca Cambiaso e la Vocazione di San Matteo di Giovanni Battista Castello; da notare una Deposizione, scultura lignea di Anton Maria Maragliano, e la tomba di Andrea Doria, opera del Montorsoli, nella cripta. Sull'altare maggiore è conservato un dipinto della Sacra Famiglia con Sant'Anna di Bernardo Castello del XVI secolo; secondo la tradizione la spada conservata sotto l'altare maggiore appartenne all'ammiraglio Andrea Doria che fu donata dal pontefice Paolo III. Nell'altare a sinistra del maggiore è presente la tela del Cristo fra santi e donatori di Andrea Semino.

Santuario di Nostra Signora del Gazzo

Il santuario di Nostra Signora del Gazzo (o, più precisamente, il santuario di Nostra Signora della Misericordia) è uno dei più conosciuti ed amati santuari cattolici mariani di Genova.

è situato sulla sommità del monte Gazzo, a Sestri Ponente, ad una altitudine di 419 m s.l.m..

Il monte iniziò ad essere un luogo di culto nel 1645 quando venne eretta una gigantesca croce di legno affiancata dopo 12 anni da una statua del Madonna della Misericordia in occasione dell'epidemia di peste che decimò la popolazione della Repubblica di Genova. Nel 1660 iniziò la costruzione di una cappella e nel 1700 venne celebrata la prima messa. L'8 giugno 1873 fu inaugurata un'opera dello scultore savonese Antonio Brilla: una statua della Madonna alta cinque metri che ancora oggi trova la venerazione dei residenti e che è visibile anche da lontano.

Alcuni personaggi illustri hanno visitato il santuario nel corso degli anni: il 18 ottobre 1879 salì Sua Altezza Reale il principe ereditario Federico III Hohenzollern con tutta la sua famiglia mentre che soggiornava al Grand Hotel Mediterranée di Pegli; il 28 marzo 1893 fu il turno di Elisabetta Wittelsbach, moglie dell'imperatore d'Austria-Ungheria Francesco Giuseppe, la famosa principessa Sissi, che era ospite nella Villa Rossi di Sestri Ponente; numerose furono, ovviamente, invece le visite di Giacomo Della Chiesa, genovese e pegliese di nascita, il futuro papa Benedetto XV.

Dal sagrato del santuario, che si raggiunge attraverso una strada piuttosto tortuosa, costruita tra il 1952 e il 1967, che si inerpica sulla collina sestrese, si può osservare un panorama che spazia a centottanta gradi dal levante genovese fino all'area dell'aeroporto di Sestri Ponente e al terminal container del porto di Voltri.

Nei locali posti al disotto del Santuario è stato costruito un piccolo Museo Speleologico.

Santuario di Nostra Signora dell'Acquasanta

La frazione sorta intorno a questa fonte si sviluppò nel tempo grazie alla venerazione della Madonna dell'Acquasanta a cui fu dedicato un santuario che, posto sotto la giurisdizione della Pieve di Palmaro, è da sempre meta di pellegrinaggi delle confraternite di Mele, Arenzano, Crevari, Voltri, Palmaro e Pra', tutte facenti parte dell'antica Pieve.

Il santuario è stato costruito tra il 1683 e il 1718, su un progetto iniziale probabilmente opera dell'architetto lombardo Carlo Muttone a cui, sempre a Genova, sono attribuite anche la chiesa di Santa Croce e San Camillo (sita in una traversa di Via XX Settembre) e la chiesa di San Luca (sita nel centro storico). Il santuario è croce latina con una sola navata.

Durante i secoli successivi negli interni sono stati aggiunti diversi altari (l'altare maggiore è stato costruito a partire dal 1730 da Francesco Maria Schiaffino e terminato da Carlo Cacciatori, un suo alievo) e cappelle. La facciata, realizzata in base ad un progetto di Maurizio Reggio e i due campanili, sono stati completati agli inizi del XX secolo, tra il 1900 e il 1911.

Una Scala Santa composta di trentatré gradini, copia di quella che si dice percorse Gesù Cristo per giungere da Pilato, fu costruita a partire dalla Cappellina in direzione del Santuario.

Ogni anno tra agosto e settembre è uso che le confraternite ogni domenica, a turno, giungano all'Acquasanta in pellegrinaggio e percorrano la Scala Santa portando in processione le statue dei Cristi e le proprie casse della Madonna. Una volta giunti in cima con la cassa della Madonna i portatori la fanno ballare, alzandola ed abbassandola ritmicamente in segno di festa.

Sul finire del XIX secolo e nei primi decenni del XX secolo, oltre che luogo di pellegrinaggio fu meta turistica dei signori dei paesi vicini da Arenzano fino a Sampierdarena, e nell'entroterra fino a Rossiglione, grazie ad un centro termale rinomato.

Due lapidi poste all'interno del Santuario ricordano il matrimonio, il 21 novembre 1832, di Re Ferdinando II di Borbone con Maria Cristina di Savoia.

Sul finire del XX secolo cominciarono i lavori di ristrutturazione delle terme attualmente in corso.

Santuario di Nostra Signora della Guardia

Il Santuario di Nostra Signora della Guardia, conosciuto semplicemente come Santuario della Madonna della Guardia, è il più importante santuario mariano della Liguria. Edificato sulla vetta del monte Figogna, a 804 m s.l.m., è situato nel territorio del comune di Ceranesi, a circa 20 km da Genova. Il santuario, retto attualmente da Mons. Marco Granara, è così chiamato poiché il Monte Figogna, sul quale sorge, era nell'antichità un punto strategico per l'osservazione di navi o di eserciti nemici.

Sulla terrazza antistante il santuario è situato un punto panoramico dal quale, nelle giornate limpide, si può ammirare il panorama sulla sottostante città di Genova con un raggio che si apre sulle riviere di ponente e di levante.

Oratorio di San Giacomo della Marina

L'Oratorio di San Giacomo della Marina, edificato sulle mura della città di Genova, lambite dal mare fino a poco più di un secolo fa, costituì per tutto il medioevo una tappa importante per i pellegrini in cammino verso Santiago di Compostela. Dell'originario edificio stile romanico non rimane più traccia visibile e l'oratorio, come appare oggi, è il frutto delle opere svolte nei secoli XVII e XVIII, periodo in cui la Confraternita di San Giacomo della Marina godeva di grande prestigio e potenza. Solo verso la fine del Settecento assunse l'aspetto attuale con il completamento della decorazione della volta e delle pareti. Danneggiato durante l'ultimo conflitto, si sarebbe avviato verso un'inesorabile decadenza se la Confraternita non avesse iniziato nel 1987 onerosi lavori di restauro che negli anni 1990-1992 subirono un importante e decisivo impulso. è stato necessario intervenire, oltre che sul tetto e sulla facciata, sulle finestre, sul pavimento, sugli intonaci, sugli stucchi, sugli impianti, sugli arredi e, in primis, sulle tele, che costituiscono il valore dell'Oratorio.

Santuario della Madonnetta

Il santuario della Madonnetta, o, più precisamente, santuario di Nostra Signora Assunta di Carbonara, è uno dei principali santuari mariani della provincia di Genova.

Situato nell'omonima creuza (salita Carbonara), posta a mezza costa fra i quartieri di Castelletto e Righi (raggiungibile con la funicolare Zecca-Righi, fermata Madonnetta), prende il nome da una statua in alabastro della Madonna donata nel 1650 dal mercante savonese Giambattista Cantoni e ricoverata dal predicatore Carlo Giacinto di Santa Maria sul poggio in cima al quale fu poi costruito, in stile barocco, il santuario. La Pietà, Domenico Parodi

Edificato tra il 1695 e il 1696 per i frati Agostiniani dall'architetto imperiese Antonio Maria Ricca, il santuario è caratterizzato da un sagrato ottagonale pavimentato a rissoeu (ciottoli bianchi e neri) disegnato nel 1732 da Bartolomeo Storace.

Lungo il perimetro del muro di cinta si apre una nicchia contenente la Pietà, gruppo marmoreo di Domenico Parodi.

Chiesa di Santo Stefano

La chiesa di Santo Stefano è uno dei più noti luoghi di culto cristiani di Genova. Situata su un'altura che sovrasta la centralissima via XX Settembre è stata uno degli esempi maggiormente significativi dell'architettura romanica presenti nel capoluogo ligure. In questa chiesa venne battezzato Cristoforo Colombo e si ritiene che venne battezzato anche il giovane Balilla.

Fu dal 972 al 1431 di proprietà dei monaci dell'abbazia di San Colombano di Bobbio[senza fonte], poi dal 1529 al 1797 di pertinenza dei monaci benedettini di Monte Oliveto.

Importanti lavori di restauro, che richiesero peraltro l'abbattimento di alcune cappelle, furono compiuti alla fine del XIX secolo in occasione dell'ampliamento dell'allora via Giulia, oggi via XX Settembre. Chiusa per quasi tutta la prima metà del Novecento, la chiesa è stata completamente ristrutturata tra il 1946 ed il 1955, anno in cui venne consacrata al culto dal cardinale Giuseppe Siri.

Chiesa dei Santi Vittore e Carlo

La chiesa, sita in via Balbi a Genova fu progettata dall'architetto Bartolomeo Bianco nel 1629, fu terminata nel 1635 dai frati Carmelitani Scalzi, i quali la officiarono fino al 1974. All'anno 1743 risale la facciata a loggiato, costruita a spese di Eugenio Durazzo e decorata con marmi e stucchi.

Tramite una doppia scalinata si accede all'interno, a una sola navata su pianta a croce latina, scandita da sei cappelle laterali e coronata dalla cupola; tutta la decorazione, escluse le settecentesche figure di Virtù dipinte da Domenico Parodi, fu eseguita sotto la direzione di Maurizio Dufour (1890-1898).

L'imponente altare maggiore è il risultato di una trasformazione operata nel 1867, quando venne trasferito l'altare della chiesa di San Domenico che era stata demolita. All'interno è presente un ricco il corredo pittorico e sono presenti numerose statue.

Tra i quadri più interessanti, un San Giovanni della Croce di Domenico Piola, Santa Teresa di Andrea Carlone, i Santi Anna, Francesco di Paola e Liborio di Lorenzo De Ferrari, oltre a tele di Orazio De Ferrari (Presepe e Adorazione dei Magi) e di Giovanni Maria delle Piane detto il Mulinaretto (Decapitazione di Sant'Agostino).

Tra le sculture figurano un'opera lignea di scuola del Maragliano, le statue di Alessandro Algardi nella cappella Franzoni e una Madonna del Carmine (1678) oltre ad angeli e due santi (1680) di Filippo Parodi. Una menzione particolare va alla seicentesca statua lignea raffigurante la Madonna col Bambino, conosciuta popolarmente come Madonna della Fortuna e assai venerata dai Genovesi.

Sinagoga di Genova

La sinagoga di Genova, inaugurata nel 1935, è situata in via Bertora 6 a Genova. E' con Trieste e Livorno una delle sole tre grandi sinagoghe del Novecento in Italia e l'unica ad essere stata edificata in epoca fascista.

Piccoli nuclei di ebrei furono presenti a Genova specialmente a partire dal 1658, quando la citta divene porto franco. Nelle aree loro assegnate come ghetto si succedettero tre piccoli oratori, ora scomparsi: in vico del Campo, in piazza dei Tessitori e presso le Mura di Malapaga. All'inizio del Novecento lo sviluppo industriale produsse un rapido incremento demografico; in pochi anni oltre 2500 ebrei giunsero nella città ligure. La comunità ebraica di Genova volle allora dotarsi di un edificio monumentale, degno del suo status e prestigio nella città. Si tratta dell'unica grande sinagoga costruita in Italia nel periodo fascista, nel 1935. Niente lasciava ancora presagire la svolta repressiva e le leggi razziali del 1938.

Il progetto della sinagoga fu affidato all'architetto Francesco Morandi che ideò una struttura massiccia e squadrata in cemento armato, sormontata da una grande cupola centrale e quattro semicupole angolari. Alte finestre a feritoia si aprono sulle pareti. Sulla facciata si colloca l'ampio portale sormontato da una lunetta con l'immagine dipinta delle Tavole delle Legge e la scritta in ebraico: "Poiché la mia casa sarà chiamata casa di preghiera di tutti i popoli" (Is 56,7). Sopra il portale si apre un enorme rosone sulla cui vetrata è raffigurata la stella di Davide.

L'interno ha forma di un vasto anfiteatro, con due alti matronei semicircolari. Il punto focale è dato dall'aron con davanti la tevah. Tutti gli arredi sono moderni. Nel 1959 furono collocate tre vetrate, opera di Emanuele Luzzati, raffiguranti gli emblemi delle dodici tribù di Israele e la menorah.

La retata del 3 novembre 1943

Durante la seconda guerra mondiale, nel periodo dell'occupazione nazista, la sinagoga di Genova fu teatro di uno dei più tragici eventi dell'Olocausto in Italia. Il 3 novembre 1943 truppe delle SS irruppero nella sinagoga e costrinsero il custode Bino Polacco sotto minaccia di morte per i suoi figli a convocare i membri della comunità per una presunta riunione in sinagoga. Per quanti caddero nel tranello e si presentarono all'appuntamento non ci fu scampo. Alla fine circa 50 ebrei furono così catturati e di lì a poco mandati a morire a Auschwitz, incluso il rabbino Riccardo Pacifici e la famiglia del custode con i suoi bambini di 2 e 4 anni.

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